LA SPACE-OPERA DI NICOLA MANZAN: “NIKOLAJ KULIKOV”

 





di Nat Vescio



Secondo una concezione, non esistono verità assolute che definiscono la realtà.

Fortuna che noi abbiamo Nicola Manzan, verità assoluta, artista totale, mai banale e, soprattutto, reale e palpabile con mano!


Messo in pausa il suo progetto più conosciuto “Bologna Violenta”, insieme al suo fidato compagno di giochi Alessandro Vagnoni, l'anno scorso l'abbiamo incontrato con “La Città del Disordine” (qui la recensione ), suo primo lavoro targato “Nicola Manzan”.




Quest'anno non poteva non comparire con un lavoro degno del precedente: tocca a “Nikolaj Kulikov” percorrere la nostra rampa di lancio sonora, un uomo oscuro, di cui non sappiamo un bel niente e, molto probabilmente, concepito dall'esuberante immaginario insito nella singolare mente del Manzan (curioso che si chiami Nikolaj!).


Uscito il 6 maggio 2022, Nikolaj Kulikov (Dischi Bervisti/Overdrive) è “La storia di un cosmonauta sovietico degli anni Settanta che nello spazio non ci è mai andato” e, già dicendo questo, la curosità aumenta, ma aggiungiamoci anche il fatto che l'opera è pubblicata in tre volumi disponibili, oltre sulle piattaforme digitali, esclusivamente in musicassetta (e solo i veri nostalgici conoscono quell'emozione di possedere tangibilmente la musica) rende il tutto assai bizzarro e interessante!

Formato da dieci tracce, suddivise, come già comunicato sopra, in tre volumi, l'album è interamente strumentale, composto e registrato grazie all'uso di sintetizzatori, organi elettrici, drum machine ed estratti di nastri e vinili d'epoca: descrive quel periodo in cui il nostro soldato Nikolaj fu scelto dall'Armata Rossa per intraprendere un addestramento tra terra e cosmo volto a creare questa sacrosanta difesa simile allo “scudo spaziale” che, un decennio dopo, gli U.S.A. concretizzarono, mandando in fumo i buoni propositi sovietici.



Come in ogni film che si rispetti vi è un'altrettanto rispettosa colonna sonora, l'opera che andremo a trattare diventa un unicum nel panorama della penisola, un lavoro che va apprezzato anche e soprattutto per la voglia di andare oltre.



Iniziamo col cuore in gola il nostro percorso d'addestramento con “Departure”, dalle sonorità epiche, e l'ansiogena “Cosmic Training”, contenute nel primo blocco “RECRUITMENT”: entrambe le tracce si presentano lunghe e disturbanti, racchiudendo come filo conduttore una morbida pulsazione che ne accompagna l'incanto e la speranza.

Le sirene e i dialoghi in russo di “First Communication Attempt” ci aprono le porte del secondo blocco “PREPARING FOR MISSION”: un climax trepidante per dubbio o per timore, rappresentato nei ritmi cadenzati simili a lancette d'orologio in “Plasma Shooting Programme” o dai suoni ultraterreni di “Space Theory”, per chiudere con “Interstellar Downgrade” in cui perdiamo del tutto le coordinate spazio-temporali continuando il nostro viaggio come fossimo dentro una bolla d'aria che, verso il finale, scoppia inesorabilmente.



I falsi sorrisi scatenati da “Anthem Of The Soviet Union” ci introducono all'ultimo blocco “MISSION IS OVER” dove lo stendardo della finta vittoria è sempre la stessa bandiera innalzata dai soldati dell'Armata Rossa sovietica sull'edificio del Reichstag a Berlino il 1 maggio 1945. “Radioteknika” ci aiuta a meditare, a capire, nel migliore dei casi, dove sia stato l'errore nella missione, mentre nella folkloristica “Anthem Of The Sovet Cosmonaut Program” si avverte un breve compiacimento, illusione stroncata da “Farewell To The Army, Goodbye To The Stars” nella quale si percepisce, nella sua gelidità, la rinuncia alle Armi e alle stelle, ma che aiuta comunque ad effettuare un "viaggio" all'interno dello spazio interiore fino alla fine, in cui improvvisamente ci risvegliamo da un incubo magmatico ed ipnotico.

Drammatismo cosmico e resoconto sonoro dell'era Sovietica, di quel momento storico dove la nazione che voleva conquistare lo spazio aveva ancora delle cose irrisolte in terra pur guardando al cielo.

Un lavoro, dunque, concettuale ed astratto in cui chiunque sappia e voglia abbandonarsi all'esperienza multisensoriale offertaci dal Manzan, verrà conquistato dalla sua intuizione per le soluzioni adottate (sarebbe curioso vederlo live!).

Occorre pazienza però: minimal solo ad un'occhiata superficiale, nasconde un substrato di stili ed effetti differenti che trasformano il suo ascolto in un'esperienza non solo più interessante ma anche più impegnativa.


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Per Conoscerlo Meglio ➡    | Nicola Manzan   | Dischi Bervisti  |  Overdrive



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Vignetta di Giacomo Capolupo




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