SONORIZZARE CONDIZIONI MENTALI NE “LA CITTÀ DEL DISORDINE” CON NICOLA MANZAN.

 



di Nat Vescio


Nicola Manzan ha fatto un nuovo disco. Il primo disco targato “Nicola Manzan” e che lo fa, a tutti gli effetti, il primo album di Nicola Manzan. Quel maledetto genio musicale, estremamente acuto e tremendamente fuori di testa di Nicola Manzan esce un album. Ma avete capito chi è Nicola Manzan? Lo abbiamo vissuto coi Ronin (qui la nostra cinghialesca intervista) ma già lo conoscevamo e praticavamo coi Bologna Violenta; Ha omaggiato le colonne sonore del Peplum in Torso Virile Colossale e siamo caduti in estasi sentendo il suo violino sia nei Baustelle che ne Il Teatro degli Orrori e vi meravigliereste di sapere quanto altro “Manzan” c'è dietro e dentro la musica del nostro Bel Paese! O forse no. D'altronde, quando c'è qualche nuova prelibatezza all'orizzonte eccolo catapultarsi e immergersi in nuove sfide e sperimentazioni, proprio come in questo caso.




C'è già tanto hype su internet: si dice che sia un'opera promossa dai Musei Civici di Reggio Emilia e AUSL Reggio Emilia / Biblioteca Scientifica “Carlo Livi” e che riguarderebbe la valorizzazione della struttura del Museo di Storia della Psichiatria.

Il 14 aprile esce l'anteprima di un brano del suo nuovo album...abbiamo, dunque, un nome!


“La Città del Disordine”


Il primo brano estratto è intitolato “Carolina D.”, dedicato alla storia di una paziente dell'Ospedale Psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia di 38 anni, nubile, massaia, ricoverata il 24 settembre 1887 (diagnosi: paranoia persecutiva, poi demenza precoce paranoide) e morta lì il 28 maggio 1907 per malattia del cuore (lesioni valvolari). Vent'anni di deliri e allucinazioni uditive, vent'anni di diffidenza verso le altre ricoverate e verso gli stessi dottori che, a detta sua, la tenevano lì ingiustamente. Frenetiche le corde pizzicate iniziali che delineano perfettamente la sua condizione mentale. Un crescendo di archi e sospetto che sfocia e sprofonda, ogni volta, in un trascinante tormento interiore.

E qui si delinea lo scopo di questo strabiliante prodotto artistico.




Parola in codice: VALORIZZAZIONE


Il progetto “La Città del Disordine”, sottotitolato “Storie di vita dal Manicomio San Lazzaro”. esce il 7 maggio 2021 per Kizmaiaz Ed. Musicali, Overdrive e Dischi Bervisti ed è un lavoro originale e ben fatto di valorizzazione della storia.

Pensato per il Museo di Storia della Psichiatria punta sulla trasposizione in musica di cartelle cliniche di degenti dell'ex manicomio San Lazzaro.

I documenti d'archivio si traducono, quindi, in note musicali, per delineare ritratti di vite vissute lì dentro “La Città del Disordine”.

L'opera musicale non può che provocare empatia se si pensa altresì che insieme al disco è fornita una guida all'ascolto con la sinossi delle cartelle cliniche – otto, per l'esattezza – che rende più comprensibili gli scenari dell'artista: conosciamo, per esempio, “Adele B.” di anni 13, ricoverata al San Lazzaro il 2 luglio 1886 (con diagnosi: in osservazione per allucinazioni) e dimessa guarita l'1 settembre 1886. Il tema fanciullesco e bucolico, pensato apposta per ricreare la vita che faceva in campagna, si contrappone a momenti di grandissima apertura armonica, ideati per rappresentare la possibile visione avuta dalla bambina.

Ci sta chi soffre di megalomania in seguito all'improvvisa sua frequentazione della chiesa “mostrandosi religioso fino al bigottismo” e manifestando chiaro delirio mistico: “Urlava, dava pene in nome di Dio, mandava questi all'inferno, quello al paradiso, perchè egli era anche padrone della grazia.”, stiamo parlando di “Arcangelo L.”, il cui tema non poteva che essere pomposo, da corteo imperiale, miscelato a crisi mistiche Bachiane, con sprazzi d'organo semplici, che ti riportano in chiesa.

Un discorso a parte merita “Concetta G.” che forse racconta meglio il pensiero del tempo che attribuiva ad un problema neurologico un disagio psichico: bambina di 11 anni, entra al San Lazzaro il 18 gennaio 1889 con come diagnosi “idiotismo epilettico”. Soffre di crisi epilettiche sin dal primo anno di età, non parla, ha problemi nei movimenti, non riconosce chi la circonda. Considerata una malata cronica e senza speranza di recupero, viene riconsegnata al padre il 17 giugno 1889. Sonorità taglienti e distorte, piano giocattolo catatonico, sforbiciate di violino che sono come folate di vento, in un ambiente rumoristico estremo. Devastante.


Quest'album è devastante.

Otto storie, otto composizioni strumentali egregiamente costruite.

Otto persone raccontate in modo magistrale da Nicola Manzan per rafforzare la memoria di queste donne, uomini e, talvolta, bambini, facendo attenzione non solo all'aspetto emotivo di questi pazienti ma anche all'aspetto sociale in cui vivevano, riuscendo a contestualizzare perfettamente i personaggi.


Ogni pezzo ha un suo tema portante e l'insieme dei brani è un vero documento che supera il mero piacere artistico: un'azione propedeutica che svela anche una profonda riflessione.

Metodologia e poetica dell'artista al servizio della ricerca, a far suonare molto vivo un disco basato su vite che, a volte, hanno visto la fine dei loro giorni proprio dentro quelle mura.


Nutrivo già un profondo rispetto per Nicola Manzan e ora, dopo questo suo punto massimo di composizione artistica, non posso far altro che costruire l'altarino ed idolatrarlo.


Sempre più bervismo per tutti!



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Per Conoscerlo Meglio ➡ Nicola ManzanDischi BervistiOverdrive | KIZMAIAZ | 

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