Dei concerti, della libertà percepita e di occasioni come nodi: il Musharaka Festival e quello che è rimasto

 


di Davide Caligiuri


Questo speciale in origine doveva avere un taglio molto, molto diverso.

Diciamo che le cose son cambiate. O meglio: sono andate avanti.


Avanti, perché il Musharaka Festival, organizzato dall’associazione Passaggiari Avanti a Decollatura, quest’estate, non è finito. O quantomeno, non ancora. Ma un passo indietro.



8 Agosto, sera. Prato, non molto lontano da uno dei tanti centri di quel bizzarro paesino che è Decollatura. Concerto sur l’herbe, posti a sedere. Panini con salsiccia, tanto vino. Atmosfera sommessa, quasi silenziosa: ancora tutti a riabituarsi all’idea di poter interagire, sedersi in compagnia, partecipare a qualcosa di collettivo. Essere troppo emozionati o troppo rumorosi è percepito da tutti, inconsciamente, come rompere un qualcosa di sacro: il silenzio e l’isolamento che, per quanto allentatosi, continua a lasciare un’ombra che echeggia settimana dopo settimana nelle menti di tutti. Eppure si respira anche un certo spirito di tranquilla, silenziosa ripresa: lontani da nomi assordanti, si riscopre la possibilità di incontrare vecchie amicizie, intrecciare storie, sentirsi anche per poco tempo di nuovo una comunità. Nonostante la necessità degli organizzatori di creare qualcosa adatto ad ogni fascia d’età, il lavoro svolto è perfetto per tutti nella sua semplicità.

Apre il Teatro della Maruca, con uno spettacolo di burattini rivolto ai più piccoli; a seguire, il concerto di Carmine Torchia, cantautore calabrese con cui questo arto del Cinghialotto ha già avuto la possibilità di interagire negli anni passati.

Cantante della provincia, Carmine ha un tocco semplice e spartano nella composizione, che proviene da altri tempi: una cura tutta sul significato e sul valore di ciò che si fa, significato su forma, lasciando da parte la forma e l’ormai abusato, quanto quasi quotidiano, tentativo di eccitare con forme sonore inaspettate e bizzarre.

Il live è stato delicato, intimo, solo voce e chitarra elettrica: pezzi propri dai precedenti lavori, citazioni ad amici componitori e scrittori, e dediche a una costellazione di grandi nomi del cantautorato, da Battiato a De Andrè, fino a Leo Ferrè (La solitudine). Senza esagerazioni né trucchi scenici, Carmine offre una serata rilassante, che ben si sposa con lo spirito spartano della festa e del luogo, che dell’essere inutilmente sofisticato, superficialmente attrattivo e in corsa dietro alle mode non se ne è mai fatto niente.



16 agosto. Stesso luogo, stessa situazione. Il senso di nuovo e fresco che portava la serata precedente si è già dissolto: impressionante quanto rapidamente la gente si adatti a nuovi contesti e situazioni, e quanto rapidamente ci si dimentichi del passato. Adesso è di nuovo una festa, successore di decine di feste del passato e non più evento unico dopo secoli. La pandemia sembra già dissolta, salvo le misure di sicurezza ancora in vigore.

Greta della Compagnia TeatroP apre le danze col suo spettacolo di sabbia: una luce e una superficie orizzontale son tutto quello che le serve per raccontare storie con le sue mani. Uno spettacolo anche questo rivolto ai più piccoli, ma che per le sue qualità artistiche non può che affascinare ogni demografica. E sul finire dello spettacolo a sorpresa troviamo l’artista successivo, Davide Ambrogio, ad accompagnare Greta in un’improvvisazione: sabbia e lira calabrese, ad unirli le mani come strumento espressivo. Un piccolo momento che non si può ripetere, ma vale la pena di raccontare.

Su Ambrogio, per chi ci segue in maniera più attenta, ho già scritto una recensione (leggila qui!) e ciò che penso di bello di lui e la sua musica è già noto. E’ stato questo live a convincermi a intervistarlo e recensire il disco che portava in tour, Evocazioni e Invocazioni: per l’energia primeva che la sua musica scaturiva; per la capacità di riempire un minuscolo palco di spettri che si agitano a comando, con un teatro dei sogni, utilizzando solo la voce, uno strumento e qualche campionamento molto discreto; per l’umiltà, la gentilezza e la chiara visione artistica che riusciva a esporre dopo ogni pezzo.

La fusione di riferimenti chiari alla musica etnica e popolare calabrese, la capacità creativa di reinterpretare e aprire nuove strade, e il gusto per il suono puro, la timbrica e la melodia son forse i punti più forti della sua musica, che si colloca in un punto imprecisato della world music, non senza strizzare l’occhio ad influenze differenti. Uno dei live migliori a cui ho assistito, e uno che non posso che raccomandare a chiunque.

 

E ora un passo avanti.

29 agosto. Nulla. L’ultima serata del Musharaka Festival annullata per condizioni meteo avverse e il 29 agosto era la data designata. Fra gli artisti che dovevano esibirsi, un gruppo con all’attivo un singolo EP, col frontman che ormai si presenta col suo stesso nome tanto è addentro a ciò che fa: Mykyta Tortora.

23 novembre. Mykyta aveva davvero voglia di suonare qui, in questo angolo sperduto dell’entroterra calabro: emozionato dal feedback degli organizzatori e degli amici degli stessi, in un modo o nell’altro riesce a ottenere un’ingaggio per una serata non molto lontano, al 110 Bistrot a San Pietro Apostolo. Noi, già emozionati dalla sua abnegazione, ci vediamo lì per fargli da ragazze pon-pon.

Nonostante la serata fosse principalmente cover di pezzi famosi, la cosa degenera positivamente: passiamo la serata a bere e cantare con Mykyta pezzi di una scaletta che cambia rapidamente verso quelli che lui sa già son i nostri gusti. Da qualche parte esiste un video di un coro piuttosto impreciso di “Viva” degli Zen Circus, che è un ottimo testamento a una serata inaspettatamente importante.

9 dicembre. Intervisto Mykyta per la nostra rubrica, #LeCinghialette, dopo aver recensito il suo primo EP. Conosco il resto della sua band e parliamo dei suoi progetti per il futuro, dei loro progetti per futuri pezzi. Ormai siam spesso in contatto, ed oltre che un artista che siam felici di aver potuto trattare, è prima di tutto uno di noi. Ci rivedremo presto con la consapevolezza che


il tempo scorre lungo i bordi


Ora, cosa ve ne fate voi che leggete di questo piccolo diario di una serie di piccole serate, sulle pagine di una piccolissima webzine?

Forse perché da un reportage di un evento che non è mai avvenuto (la terza serata del Musharaka) la vita trova un modo interessante di creare nuovi percorsi, tracciati alternativi che senza che nessuno se lo aspettasse aprono a nuove possibilità: conoscenze che degenerano rapidamente in amicizie, legami che aprono a nuove prospettive.

Forse perché, tutti concentrati solo sull’aspetto ludico del poter finalmente tornare a vedere live i nostri artisti preferiti, ci siamo un po' dimenticati dell’aspetto umano della faccenda: i legami che si formano, le chiacchierate, le birre – ed altro – con l’artista che si esibisce, scoprire di avere conoscenze in comune con il fonico, finire invitati a casa di un gruppo croato e ricambiare il favore in estate, litigare con gli organizzatori e boicottare i loro successivi eventi. Eppure non sono forse queste le cose che rendono più tollerabile la vita, e indirettamente alimentano la voglia stessa di partecipare al mondo della musica live?

Questi due anni sono stati tassanti per tutti; ne siamo usciti più soli, più chiusi e più allenati a fare a meno degli altri, in parte alienati, in parte più sicuri della nostra capacità di star soli. La vera sfida, nascosta alla vista di molti, sarà re-imparare l’importanza che gli altri avevano nelle nostre vite: le connessioni, gli incontri, l’affetto, le antipatie. Anche le antipatie.



La libertà che ci è stata ridata è vuota se siamo carcerati nel nostro piccolo mondo, ognuno di noi: la libertà percepita e la libertà che abbiamo perso due anni fa sono ancora differenti, ed è importante cercare di colmare questo divario. E nel frattempo, cavalcare le occasioni che si creano, i legami estemporanei, le amicizie, a 4000 nodi verso nuove prospettive: anche solo per diffondere tra gli altri quest’idea, fondamentale, necessaria.

Che la comunità, nel mondo della musica come fuori da esso, va ricreata e coltivata. 

Musharaka continua, Musharaka continuerà. Siamo stati noi e continuiamo ad esserlo.

Al prossimo concerto. Vi vogliamo bene.

 

 

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Foto cortesia dei Passaggiari Avanti

 

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