THE BLACK VEILS E L'IDENTIKIT DELLA VITTIMA E DEL CARNEFICE: CARNAGE
di Nat Vescio
Confondere amore profondo e dipendenza affettiva è facile, la linea di confine infatti è molto labile.
La persona che si trova in una situazione di dipendenza affettiva sopporta comportamenti che in altre situazioni non tollererebbe, generando così momenti di ansia o di depressione e paura eccessiva di perdere l'altro. E l'altro? Il carnefice, diamo pure il giusto nome, manipola, sminuisce e prende potere sugli altri con la forza, la minaccia e l'aggressività.
Il gioco vittima-persecutore, posizioni sempre interscambiabili in tutti gli ambiti relazionali, sicuramente ha una conseguenza: alimenta rabbia.
The Black Veils, band a me già familiare, hanno concepito un album il cui leitmotiv è proprio questo rapporto malato di cui sopra, ma prima di parlare del loro ultimo album “Carnage” (Icy Cold Records con distribuzione Audioglobe) vi introduco a questi quattro artisti: nati a Bologna nel 2014 dall’incontro di Gregor Samsa (AKA gregorsamsaestmort), Filippo Scalzo (Caron Dimonio) e Mario d’Anelli (European Ghost) – e solo dopo l'apertura a Drab Majesty, Leonardo Cannatella (BeStrass, Leva), che compie il suo battesimo come primo batterista ufficiale – The Black Veils sono in bilico costante tra romanticismo disperato e feroci incazzature post-punk.
Pubblicano due album nel 2015 e nel 2017, Blossom (auto-prodotto) e Dealing with Demons (Atmosphere Records) e, con un tour europeo alle spalle durante il quale hanno preso la palla al balzo catturando ogni ispirazione per il loro terzo capitolo, ( e ora arriviamo dove vi avevo lasciato) presentano tre nuovi singoli tra il 2020 e il 2021 ('Hyenas', 'Lamourlamort', 'Rabbits') con i rispettivi “b-side” creati appositamente da musicisti vicini alla band: Geometric Vision, HAPAX e i danesi The Foreign Resort.
Un
quarto e ultimo singolo, 'Cities
on Fire',
precede l’uscita del disco.
Così, il 15 novembre 2021 vede la luce “Carnage”, sonorità eighties, sprazzi shoegaze e un robustissimo post-punk crudo e diretto, che ha dovuto aspettare un po' prima di uscire allo scoperto ma che si è preservato e tenuto integro per un momento storico, si spera, più fortuito per la musica: basso violento, chitarre taglienti, voce dinamica e batteria instancabile con l’intento di creare un album corale, con un sound più spontaneo e aggressivo dei precedenti.
Il collante di questo viaggio nei meandri di un’ipotetica casa fluttuante in fiamme (artwork by mynameisyuri) è l’inflessibile incedere della collera che traspira dal mondo sottostante.
Ambiguità dei ruoli, incomunicabilità, arrivismo, ipocrisia e manipolazioni politiche che mirano a dividere e far scontrare le fasce più deboli della popolazione, lasciando costantemente indenni i privilegiati: questi i temi portanti di questa creatura dinamica e imponente che si muove con algida eleganza tra beat marziali e minimalismo ossessivo.
Ispirandosi al cinema, ad un po’ di sano esistenzialismo, agli effetti a breve e lungo termine dell’insonnia e ad una dose spropositata di black humour, quest'ultimo lavoro è influenzato anche – per la prima volta – da uno scenario sociale italiano e mondiale analizzato dalle viscere.
In “Rabbits” linea di basso e linea di chitarra sembrano iniziarsi in un rito di corteggiamento senza fine, la batteria si incastra magistralmente e la voce, assai espressiva e avvolgente, ci fa trasognare. Cela, in verità, una feroce critica al progresso capitalista.
La pulsante “Hyenas” è energia pura che rimbomba nel corpo e in testa - dopo il primo ascolto anch'io gridavo “Hyyyyenas”! - e il tappeto sonoro crea una permanente tensione da thriller, il tutto ben adornato da risatine cupe, vortici di emozioni e incubi angosciosi.
“Lamourlamort”, coinvolgente e di ritmica briosa, trae ispirazione dal film di Robert Aldrich “What Ever Happened to Baby Jane?” e dal romanzo “Pompes funèbres” di Jean Genet. Il ritornello riprende un momento dell’intervista di Nigel Williams a Jean Genet, in cui l’autore francese confuse le parole “l’amour” e “la mort”.
“This Is Going to Hurt” ci prepara già a quello che ascolteremo: un costante delirio sonoro in grado di sollevarti e strapazzarti a suo piacimento fino all'infinito. Notevoli le citazioni su Elizabeth Short (Black Dahlia) e Gian Maria Volonté;
“Death by Arrogance”, sonorità sempre sul pezzo, pulite e con solide radici (post)punk, contiene il bridge che riprende alcuni passi da “Le Chants de Maldoror“, poema in prosa in cui un uomo tormentato dell'Ottocento si ribella e uccide il suo Creatore, Dio stesso.
I brani si susseguono con estrema fluidità, scegliendo la strada di sonorità più estranianti e paranoiche, giocando con melodie fresche ed immediate, debitrici della lezione della miglior darkwave anni '80, riveduta e corretta con gusto moderno, ammiccando anche all'hardcore old school spesso e regalando un lavoro d’insieme perfettamente strutturato e di somma eleganza formale.
Registrato e mixato per restituire l’impatto “live” della band, devo proprio ammettere che i quattro “uaglioni” ci sono riusciti appieno!
Nove tracce che compongono "Carnage", un album devastante, un miracolo sonoro che spinge il post-punk all'interno di scenari introspettivi e insieme metropolitani, partendo dal punk per perderne man mano ogni ruvidezza e conservarne solo la rabbiosa vitalità e farsi cullare dalle celestiali atmosfere dream pop.
------------------------------------------------------------------------------------------
Per Conoscerli Meglio ➡ The Black Veils | Icy Cold Records | Metaversus PR
Commenti
Posta un commento