INTRECCIARE DISSONANZE: “SACRAMENTO”, LAZZARETTO


di Saverio Marasco

 

A venticinque anni c’è dissonanza.
Fuori, dentro, ovunque.
Ed è giusto che ci sia.
Le discrasie delle nostre esistenze, quella passata e quella futura, si scontrano, gracchiando, nel presente.
Nell’immediato possono sembrare solo rumore, ma la bellezza nasce dal loro far in modo che venga a crearsi quella melodia d’intrecci che ti rappresenta, ti può stare intorno, ti può far da sfondo.

A far da sfondo a tutto questo, potrebbe starci benissimo “Sacramento” (2021, Dischi Uappissimi/Artist First), primo EP d’esordio di LAZZARETTO.

Dico “di” e non “dei” perché, pur trovandoci davanti ad una band di tre ragazzi – Cosimo Savino, Vittorio Di Lorenzo ed Angelo Rosato Fanelli – trovo opportuno prendere LAZZARETTO come un progetto unico, non fatto da individui bensì da un’idea ben chiara: cavalcare la dissonanza fino a costringerla nella perfetta gabbia dorata di una lunga, eterogenea, colonna sonora.


È un mondo sommerso, quello accarezzato dal trio. Inizia con
“Orso Polare” e, proprio in mezzo ai riverberi, il primo riferimento che mi viene in mente, in un certo senso, è Bon Iver, seppur certamente più evoluto e contemporaneo. Il cantato in francese può lasciare un attimo spiazzati, ma si rivelerà essere una delle scelte migliori nella produzione dei pezzi.

Synth e loop di batterie strutturano “Castiglione”, secondo pezzo di Sacramento, alternadosi con le calde strofe del pezzo. Ci sono i giusti momenti di stacco - quelli con le voci dei bambini - che riescono a spezzare l'intensità del brano, senza renderlo pesante (rischio anche possibile, secondo me, nel genere).

Ma mi soffermerei un attimo su “OH LÀ LÀ!”, che reputo il pezzo forte dell’EP; tutto il meglio del sound targato LAZZARETTO trasfuso in una traccia fruibile, coinvolgente, con il piglio credibile di una colonna sonora. Casse e chitarre rimbombano forti, talmente forti da creare micro-stonature, altre dissonanze. I suoni perfettamente vintage sono sapientemente esaltati dal tappeto sonoro pensato dall’apprezzatissima produzione, fatta in prima persona dalla Band, registrando con Giuseppe Di Lorenzo (Orbita Dischi) e affidando il master dell’EP ad Edoardo Fracassi.
Ci muoviamo nello spettro compreso tra una bella band garage ad una particolarissima litania circense, e, come dicevo, ne esce fuori un bellissima canzone; larga quanto un’orchestra e più che nostalgica, addirittura melanconica. Funziona? Beh, su un pezzo così non puoi che scommetterci.   


In
“Créatures de la Nuit” riescono anche a sorprendere con suoni e melodie retrò. Le vestono di suoni cadenti, cedevoli, sfocati. Il ticchettio cupo della cassa accompagna la voce, quasi contorta, del brano. Pezzo cattivo, pollice in su.

A chiudere quest’EP di dissonanze, di cose lontane e ritmi in cassa dritta, il singolo con cui il trio pugliese si è presentato alla platea del pubblico: “Geremia 1111”.

Traccia profonda, ma al contempo carica di energia. Slabbrata quanto positiva, studiata e ben fatta, questa canzone è un ottimo modo di dire arrivederci ad una band che ha trovato una giusta formula nel formato EP, che gli ha permesso di sviluppare quei temi – a loro cari – in maniera diretta, essenziale e precisa.

Quello che mi ha lasciato questo lavoro d’esordio, sarà sicuramente la naturalezza con cui questi tre ragazzi hanno fatto proprio un sound, compattandolo in un lavoro ben fatto, definito, con del potenziale da vendere.

Vale sicuramente la pena di passare insieme ai LAZZARETTO questi 20 minuti, magari a soffermarsi su quanto ci stiano bene, a volte, le imperfezioni: una miriade di piccole dissonanze, infiniti punti, che si uniscono in un suono del quale, personalmente, ascolterei più che volentieri il seguito.

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