CINGHIALESCA INTERVISTA A MOTTA
di Nat Vescio e Saverio Marasco
Sabato 24 Luglio 2021 abbiamo avuto, finalmente, la fortuna di poter assistere - dopo taaaaanto tempo – ad un festival musicale.
Un benedettissimo festival musicale.
Finalmente!
Il “benedettissimo” è anche associato alla suggestiva location in cui si è tenuta questa prima edizione di Aghia Sophia Fest, idea ben riuscita dell'associazione culturale “Il filo di Sophia”, collettivo cosentino attento alla circolazione di idee sin dal 2008: l'abbazia Benedettina di Santa Maria di Corazzo a Carlopoli (CZ).
Una due giorni di musica, pensieri e territorio, che ha visto l'avvicendarsi di veri e propri convivi di filosofia e il rivivere quell'esperienza live che così tanto ci è mancata.
Ma
quello che più desideravamo era la musica, il suono, le luci.
Sul
palco del 24 luglio Prospettive sulla Luna, ARTICO, YoSonu e, dulcis
in fundo, Francesco Motta, con il tour del suo nuovo album
“Semplice” (2021, Sugar/Universal Music Group).
Non che le
altre esibizioni non ci abbiano stupito e meravigliato, nella
bellezza delle loro diversità e particolarità, ma quella del
cantautore pisano è stata un momento di pura collettività.
Suono
curatissimo, arrangiamenti particolari, non una nota sbagliata; per
fortuna una scaletta lunghissima, con un bis di ben 5 pezzi che ha
assorbito totalmente gli sguardi - e le voci - di noi fortunati
ospiti di questo Aghia Sophia.
Come
è andata a finire?
Siamo riusciti a parlare con Motta ed a
chiedergli qualcosina sul suo album e sul suo modo di fare quello
che, magistralmente, ha fatto sul palco.
Ecco di seguito
l'intervista che ci ha rilasciato:
-Come
stanno andando album e tour?
Sta andando bene proprio perché
siamo in tour, perché per me è fondamentale fare tour; addirittura
ho iniziato prima a fare i tour che le canzoni perché ho iniziato
facendo le cover dei Pixies, dei Violent Femmes, prima ancora di
scrivere canzoni, quindi insomma sta andando tutto benissimo.
-
Quanto c'è di nuovo e quanto c'è invece di “consolidato”, in
quest'album?
Guarda in realtà ci sono cose che ho
sperimentato magari con Carmine Iuvone, soprattutto sugli archi e su
un certo tipo di suono; ma c'è stata anche una voglia di riprendere
le cose che magari facevo con il mio vecchio gruppo [N.d.r. i
Criminal Jokers], quindi si sono aperte tante strade ed ora penso di
averci anche la libertà di fare quello che voglio, e insomma questa
è una cosa che è anche tanto grazie alla band con cui suono.
-
In questo disco le parti strumentali - e la loro produzione - hanno
avuto sicuramente un ruolo fondamentale. Quanto è importante per te
il suono inteso come linguaggio?
Ma è importantissimo perché
in realtà anche una parte strumentale può averci un racconto, anche
laddove non c'è testo. Io cito sempre il "Bolero" di
Ravel, che in qualche modo è come se il rullante mi raccontasse una
storia, no? Quindi non necessariamente il "non testo" fa si
che non ci sia un racconto, anzi, quindi per quello mi godo,
soprattutto dal vivo, anche queste cose strumentali.
Qual è
la ricerca che fai?
Cerco di partire sempre da zero, di averci la
pazienza di aspettare il momento giusto per fare dischi.
-
Questo è il tuo 3° album in Studio: a questo punto della tua
carriera, cosa porti ancora addosso delle tue prime esperienze
musicali e cosa hai invece lasciato per strada?
Mmmh, non lo
so, insomma, ti direi alcune convinzioni però sono uno che cambia
idea anche abbastanza velocemente, è difficile farmela cambiare ma
ho voglia di cambiarla . Rispetto al momento della mia vita io penso
veramente di aver iniziato adesso.
Noi
di Temtö non possiamo che
essere felici di quello a cui, più che assistere, abbiamo
partecipato: momenti come Aghia Sophia, in tutto quello che stiamo
passando, sono un respiro sereno che ci ha dimostrato che è
possibile, anche ora, godersi un buon festival e - pensa te! -
ascoltare un gran concerto.
E tornare a bere birra.
E respirare la polvere sotto al palco.
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