I DOLORI DEL GIOVANE RAPPER - "Ade Vol. 3" di UNKE

 


di Silvestro Perri

Una delle cose più belle che la nostra redazione possa fare è scovare, recensire e promuovere artisti giovani, con voglia di fare e di impegnarsi, con qualcosa da dire. E’ per questo che dopo aver conosciuto di persona UNKE e aver ascoltato il suo “Ade Vol. 3”, abbiamo deciso di volervelo consigliare.

Il primo motivo per cui questo album ci ha conquistato è che non è un’opera matura. Detto così sembra una critica, ma non lo è affatto, perché l’autore di queste rime ha 18 anni e scrive come se ne avesse 23 - e a 23 anni si è comunque dei ragazzini. Contestualizzando quello che sappiamo di UNKE, avendolo visto cantare su un palco, ci sentiamo in grado di restituire ai nostri lettori una sensazione specifica: non serve essere grossi per fare rap, e forse è questo il valore più importante di questo genere. Ne abbiamo visti tanti di rapper che fanno il primo pezzo a 16 anni dicendo che fanno rime da anni e che tutti gli haters devono morire, ma ne abbiamo visti ben pochi che a 18 parlano di un amore a scuola, di avere paura di non farcela, e ammettono di non essere grandi, ma piuttosto di avere sogni di grandezza. Canzoni come “Vorrei” fungono da manifesto poetico per questo album, dichiarano la strada che UNKE vede davanti a sé, con l’incertezza di un ragazzo di 18 anni che non sa cosa succederà, ma è pronto ad affrontare tutto, e se ha una paura la mette in musica senza nascondersi.



Di fatto la grandezza di questo prodotto musicale sta nell’essere relatable, nel fornirci un ritratto di una vita e di una tensione artistica che possiamo capire nonostante potrebbe non rappresentare la nostra realtà. UNKE ha un flow solido, e lo usa per dirci cosa pensa di sé stesso, delle persone intorno a sé e del sistema musicale e discografico italiano. Chiunque si interessi di musica può senz’altro simpatizzare con le sue richieste di un mercato discografico che sia più meritocratico, senza tuttavia pensare che il rapper romano voglia una strada più facile. Il numero di canzoni che ha pubblicato nella sua breve carriera dimostra da parte sua un livello di impegno invidiabile, che forse non verrà mai premiato, e lui questo lo sa. Ma non si abbatte, usa tutto ciò come motivazione.



Il mercato del rap italiano è saturo, e distinguersi è molto difficile al giorno d’oggi, ogni rapper deve riuscire a farlo a modo suo. UNKE sceglie di confezionare un album che a nostro giudizio si basa più sul sound e sul messaggio unitario che sui singoli. “Ade Vol. 3” è formato da otto canzoni che cercano di spaziare il più possibile nelle possibilità sonore di un rapper come UNKE, il cui liricismo non ci porta a richiedere sonorità sperimentali, quanto piuttosto beat moderni che ci aiutino a concentrarsi sulle sue parole e ne enfatizzino il mordente. Il primo brano è un’intro, l’ultimo un outro, e tra le canzoni interne all’album troviamo brani d’amore (“No love”), melodie scanzonate (“E invece no”), beat più cattivi (“Damn”). UNKE punta alla varietà, rimanendo però coerente con il suo messaggio e il suo sound, ospitando due o tre featuring che contribuiscono a mantenere il clima variabile e interessante che permea l’album. “Ade Vol.3” fila liscio, ti intriga e ti fa incuriosire su questo artista che non si dà delle arie, e al contempo è sicuro di quanto vale. Se abbiamo definito un album come questo, che vi consigliamo è che reputiamo così valido, “immaturo”, non possiamo che essere curiosi dei suoi prossimi lavori, di dove potrà arrivare con la maturità. Temtö conclude questa recensione con il suo solito imprescindibile consiglio: andate ad ascoltare questo ragazzo, merita.

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