PATTONI E LA SUA BARCHETTA IN MEZZO AD “OCEANO, ORA”.
di Saverio Marasco
Il cantautorato italiano è un essere ambiguo e cangiante. “Ambiguo” per la necessaria connessione con il proprio io, con le mille sfaccettature che questo comporta, ad ogni ora del giorno. Proprio per questo è al contempo “Cangiante”: il cambiamento – proprio o della società – si riflette immancabilmente nelle canzoni. Ma al di là dei cambiamenti generazionali o non, la ricetta per farlo bene è sempre la stessa: saper parlare, con un linguaggio intellegibile, di temi condivisibili. Scrivere canzoni presuppone il saper galleggiare, in tutto e per tutto tra le proprie storie e quelle di tutti, banali e speciali ognuna a modo suo. Ed “Oceano, Ora” (2020, Vina Records) di Mattia, in arte Pattoni, è una barchetta che galleggia in uno specchio d’acqua immenso, in un sound che rende l’aria sospesa, pronti ad annegare nella minima perdita d’equilibrio.
La prima canzone che ci dà questa sensazione – che riesce ad essere proficuamente mantenuta in tutto il disco – è “Oceano”. Title track a metà, ci fa galleggiare alla meno peggio, sulla nostra barchetta, col sole che picchia forte in testa, rendendo le goccioline d’acqua salata del pezzo brillanti nell’aria. O meglio, nelle cuffie. Pattoni cerca le parole giuste, tramite soluzioni di scrittura semplici e lineari, che non si dilungano oltre il necessario. Desideri semplici con bisogni complessi i suoi. Nella seconda traccia “Ho bisogno di parlare con qualcuno”, nella terza “Voglio vederti stare bene”. L’elettronica della prima che ci culla nel dondolare delle onde – e del leggero effetto reverse in sottofondo – lascia il passo alla verità indiscutibile della successiva: le persone non si conoscono solo nel meglio. Ripeterò fino alla fine che è nel peggio che i legami possono dirsi totalmente sinceri. Trovare qualcuno di cui non vogliamo vedere solo il bene ma anche accudire i momenti terribili della quotidianità, è per Pattoni l’espressione massima della ricerca di comunione con l’altro. Comunque vada, una bellissima canzone.
Nella mattinata del disco c’è spezio per la prima delle due tracce strumentali, con quelle chitarrine lo-fi super effettate che ci son sempre piaciute. Immergendoci nei riverberi del primo momento di pausa in questo smisurato “Oceano, Ora”. Queste sono canzoni iniziate già a tramonto inoltrato adesso. Canzoni da notturni. O di quelli che pensano la notte e scrivono di giorno.
In pezzi come “Cinzia” inizio a pensare a che influenze sento in questo disco, e soprattutto in questo pezzo, che sembra oscillare tra alcune cose di Dente con addirittura un Elliott Smith di mezzo. Canzoni belle al dì là del pop o del cantautorato, semplicemente sincere e fatte bene, davvero. Un sound focalizzato in quella direzione che, attraverso la successiva “Così vicini, così liberi”, ci porta al secondo pezzo strumentale del disco.
La base elettronica si mischia con basso e chitarra. Mattia – qui feat Vrcvs – riesce a farlo, registrando in casa su un 8 piste a nastro tascam. Adorabili! Spererei un giorno di sentirgli fare più contaminazioni con basi come questa – insieme certo agli altri due musicisti del disco: Andrea Bertoli e Filippo Rieder – unita alla struttura dei suoi brani.
Eppure già al momento, in questo disco, ci sono pezzi che in quanto canzoni, attirano l’ascoltatore che si ritrovi in quel mood particolare per ascoltare il singolone “Tu sei Uguale a me”. Retrogusto di quell’emo che ci spiace. Certamente anche quel modo di scrivere canoni che, vuoi o non vuoi, un po’ ci attirerà sempre.
Con le bracciate migliori, arriviamo sani e salvi alla spiaggia di questo “Oceano, Ora”. Ci aspetta un ultimo pezzo sotto la luna, certamente anche lui uno dei più indirizzati come singolo di quest’album: “Astronave”, che, dolcemente, culla la fine di quest’album.
Ci siamo ritrovati in 9 tracce ad ascoltare canzoni scritte in camera ma che ci trasportano su quella minuscola barchetta che siamo noi, nell’immenso oceano che è la vita. Ora è nuovamente mattina. Ne è valsa la pena?
P.S.: Ho scoperto che Filippo Rieder – in arte Vcrvs – è il batterista dei Fine Before You Came. Passo e Chiudo.
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