Il Paradosso del funambolo: "Origami" de I Botanici
di Silvestro Perri
Con il loro secondo album “Origami”, pubblicato nel 2019 da Garrincha Dischi e prodotto da Bebo Guidetti de Lo Stato Sociale, i Botanici si confermano per me quello che sono sempre stati, consolidando l’immagine che ho di loro nella mia testa: un funambolo. I pezzi di quest’album sono molto simili tra di loro, la sperimentazione è poca, le sorprese minime. Eppure questa non è una recensione negativa: tutt’altro. Se volete evoluzioni strabilianti andate a vedere un trapezista. Il funambolo non deve stupirvi, non deve farvi scervellare per capire come sia possibile fare quello che fa. Il funambolo deve solo mantenere l’equilibrio sulla corda. E I Botanici lo mantengono benissimo. Un trapezista ci piace, ma ci aliena, ci fa sentire parte di una categoria diversa. Chi invece non ha mai pensato, guardando un funambolo: “Anche io con un po' di allenamento potrei farlo”? Ma non è così. La natura illusoria dei Botanici mi porta spesso a pensare che io potrei fare benissimo la musica che fanno loro. Ed è lì che vengo ingannato, perché l’apparente staticità del funambolo ci fa illudere che non sia così difficile camminare sulla corda, ma lo è. I testi intimisti di questo album non trattano temi importanti, non riflettono sulla società, ma vengono da persone, vengono da me, vengono da te, da tutti. È per questo che a volte mi sembrano facili; non espongono grandi opinioni sui massimi sistemi, ma mettono a nudo la vulnerabilità di chi li scrive e mi fa pensare alla mia. Come se per me, o per chiunque altro, fosse davvero così facile mettere a nudo i sentimenti in questo modo. Come se fosse così facile camminare dritto su un filo sospeso a 15 metri di altezza. Ma qualcuno deve pur farlo.
Per me questo album non ha singoli, perché nessuna di queste canzoni è’ più importante delle altre, ma I Botanici hanno fatto molto di più: mi hanno lasciato un sound, un vibe.
Non penso mai di ascoltare una sola canzone da “Origami”, piuttosto ascolto l’album per intero: è un viaggio con scenari pittoreschi, sospeso su un filo. Come il vero percorso di un funambolo, che inizia come finisce e finisce come inizia, il primo e l’ultimo pezzo dell’album esplorano lo stesso motivo musicale, come a volerci spingere verso il centro, a trovare il bandolo della matassa, il pezzo di carta spiegazzato che ha dato origine all’origami. Il viaggio passa attraverso stazioni come “Mattone”, una canzone sull’insicurezza, sulla solitudine, sul “non aver familiarizzato con sé stessi”, condita da un videoclip che accompagna l’ascoltatore attraverso le fasi emotive del pezzo. Oppure “Nottata”, un momento musicale che ogni ragazzo degli anni ‘90 può rivendicare come suo, e che ci fa venire a patti con la nostra paura del futuro, con l’incertezza che a volte ti fa passare una nottata insonne, ma che altre volte finisce per ispirarti. L’organicità di questo insieme di canzoni mi lascia sempre qualcosa e mi fa pensare che I Botanici possano dare ancora di più e avvicinarsi maggiormente alla maturità col prossimo lavoro. Il mio consiglio è quindi di ascoltare “Origami” e di lasciarsi trasportare, a mente e cuore aperti. E se ne avete l’occasione, andate a vederli live, posso garantirvi che sarà un’esperienza. Perché loro ne hanno voglia, da morire. Perché dopo essere passati su mille palchi dal 2015 ad ora, descrivono il loro cammino musicale così: “Chilometri su chilometri, montare suonare smontare e ripartire.” E proprio così vogliono continuare.
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Per conoscerli meglio ➡️ I Botanici | Garrincha Dischi
https://open.spotify.com/album/0pGLkxd9wuhbSPHYL19SGO?si=HRPVNbkvSva4F-r31yEY1Q
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