SOPRAVVIVERE ALLA VITA DA PENDOLARE: “VENTI” DEI GARDA 1990

 


di Nat Vescio 

 

Quando ascolti qualcosa, che sia una canzone o una semplice melodia che ti sbatte in testa, vuoi o non vuoi, ti viene da immaginare una scena, una fotografia, un'immagine. 

La prima immagine che ho avuto ascoltando i Garda 1990 è stata una lunga e riflessiva passeggiata lungo i portici bolognesi, magari tornando dalle lezioni in via Cartoleria, magari proprio dopo un esame andato male o un momento di rabbia interiore: beh, proprio in quel caso cammini e ti sembra andare tutto in slow-motion e per un attimo fai parte di quel cuore pulsante che è poi essere la vita. La realizzazione di far parte di qualcosa e che, bene o male, siamo tutti nella stessa situazione, ti rincuora e ti dà la forza di continuare a camminare, ad andare avanti per girar l'angolo, verso un nuovo mondo. 

Il nuovo mondo, in questo caso, l'ho trovato in un piccolo studio di architettura in Via Marsala – eternamente Bologna – coi Garda 1990, un mix di sfumature midwest emo ed esigenza espressiva 90s, frutto di Davide Traina che ha iniziato come one man band nel maggio 2017 e che ora si ritrova affiancato da Lorenzo Atti al basso e Albrecht Kaufmann alla batteria. 



Hc-emozionale? 

 

 

Venti” è il nome scelto per l'EP uscito l'11 settembre 2020 per Floppy Dischi, Non ti seguo Records, E' un brutto posto dove vivere, Costello's e Artist First. L'artwork è stato realizzato da Valeria a.k.aSalgaja in cui pochi colori e molte ombre riflettono bene sugli stati d'animo. 

L'EP del progetto bolognese post-emocore contiene cinque tracce: 

Essere”, prima traccia e singolo che anticipa l'EP, è un vortice di cariche emotive. Si ripete “cambierà tutto”, con momenti bipolari tra rassegnazione e ira. Il cambiamento, si sa, spaventa, ma fortifica – volente o nolente – e fa andare avanti. Al montaggio del videoclip, Giulia Cellino, in arte RITARDO. 

Bordo”, la seconda traccia, mantiene quel flusso impetuoso di idee, riflessioni e sensazioni. Al suo interno, cambi di velocità e toni di voce adatti per ogni momento vanno ad incastrarsi con grande maestria. 

Arriviamo così alla mia preferita: “Martello”. S'introduce a noi con tono struggente per poi esplodere in grida e cantato, il tutto adornato da un maestoso tappeto sonoro in cui basso, chitarra e batteria dicono la loro. 

La quarta traccia si chiama “Difetti”. Difetti? E chi non ne ha? Nella vita reale come nella musica. Ciò che però, rifacendoci ad un curioso gioco di parole, non difetta ai Garda 1990 è l'impostazione mordace e incisiva, che volteggia tra note e testi. 

La quinta e ultima canzone è “Infra”, un volo fantastico in cui manca il batter d'ali ma si trascende in sensazioni particolari che restano nell'aria come un punto di forza e di affermazione positiva. 



La musica corre in una tonalità di colori e ritmi pronti a farci strada inconsapevoli entro l'anima di chi ascolta non stupito ma pago e soprattutto gratificato dalle onde sonore libere di essere piacevoli. Sempre la musica, segue l'umore delle parole, puntualizza e accentua lo svolgersi del racconto, dimostrando un approccio aperto e senza paletti. 

Quello che ti fa sentire l'EP al primo ascolto è una sicura voglia di farsi valere e la sensazione finale è quella di una netta prevalenza della voglia di comunicare e di condividere momenti interni e personalissimi non col mondo intero ma con una ricercatissima e intima cerchia di persone. 

E dal vivo, questo hc-emozionale post-core – unito a una buona dose di empatia e brutti pensieri da accartocciare e buttare nel cestino – crea quel raro momento di comunione in cui tu sei là, con loro, dentro quello che ascolti, e non c'è cosa più bella. 

 

Un disco che t'aiuta se sei pendolare tra la provincia e la metropoli – come suggerisce anche la vista fuori dal treno della copertina dell'EP – e che, indubbiamente, va ascoltato in cuffie. 

I ragazzi stanno imparando ad URLARE il proprio nome e aspetto con molta curiosità l'uscita di un loro prossimo lavoro. 

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