Forever Breathes The Lonely World: Rotte Interrotte di Cemento Atlantico


 
by Davide Caligiuri

 

Oramai, tutto è narrativa: si vendono prodotti e persone raccontando storie, trasformando anche le banalità in racconti pieni di emozioni e sentimenti. Anche senza l’arroganza di voler vendere qualcosa (al massimo, comprare la vostra attenzione), questa recensione diventerà in parte narrazione di una storia. Anzi due.

La prima è la mia. Da qualche tempo vado a ballare.

Avete presente quella distorsione di pensiero, quando scoprite qualcosa per la prima volta e iniziate a vederla ovunque? Io ho iniziato a sentire ovunque il ritmo che mi trascina, e percepire la ballabilità dei pezzi; ascolti che catturano I miei piedi, oltre che le mie orecchie.

Così, un pomeriggio, scorrendo il mio feed su instagram, trovo sul profilo della Bronson Recordings un post su un artista che non conosco: Cemento Atlantico. Dietro sembra celarsi un DJ, si parla di un tour. Vado ad ascoltarlo.

E ora raccontiamo la storia di Alessandro Zoffoli, DJ romagnolo al suo esordio solista con Rotte Interrotte, primo disco sotto il moniker di Cemento Atlantico. Un disco che unisce drum’n’bass, trip hop e musica etnica, raccontando un viaggio sonoro, che cela, sottintende la storia fortemente personale di questo disco, la sua narrazione.

E siamo a tre. 


 

Il disco apre con Ummm Bulgares, commistione singolare di sonorità arabeggianti e cori bulgari. Il beat cattura subito, ma non accelera mai “troppo”: è un ritmo che riscalda ma che non brucia mai. Le armonie e il gioco di interazioni fra basi etniche differenti è estremamente interessante, quanto mai ricco. Uno splendido biglietto da visita.

<< La chitarra Liuto appartiene al tema di accompagnamento di un Corteo di Marrakech. I cori sono composti da multi-riprese registrate all’Instituto Cervantes di Marrakech durante le prove di un coro bulgaro femminile. >>

Il secondo pezzo, Trung Sisters, rallenta il beat: qua siamo su ritmi che richiamano quasi il dub. I campionamenti, nel pezzo precedente usati come strumento fra i tanti, diventano elemento portante, a cui viene concesso più spazio; in generale, c’è un maggiore focus sulla melodia rispetto all’intensità emotiva del pezzo.

<< Le note di liuto sono state registrate durante una sessione di improvvisazione in un negozio di strumenti musicali di Hanoi. >>

Amazonienne torna a tirar su i bpm, senza però esagerare: con uno stile principalmente percussivo, dove l’interazione è tutta fra le varie componenti ritmiche, e la voce crea principalmente un senso di spazio, un’apertura che completa il ritmo serrato e crescente.

<<Il canto della Phia, uccello molto diffuso nella foresta amazzonica, ha dato origine al tappeto naturale e alla base synth di questo brano. Le percussioni furono registrate in due periodi e luoghi diversi, durante uno spettacolo di strada a Parigi e durante una parata di festeggiamenti religiosi nella città di Iquitos in Perù. Il tema canoro proviene da un rito sciamanico in lingua Quechua. >>

Beat ‘em Bang gioca ancora sulla varietà ritmica, e unisce amabilmente canti tradizionali e una componente ritmica sfaccettata, che da percussioni tradizionali transita rapidamente in sonorità puramente elettroniche, facendo sembrare il tutto naturale: musicisti khmer trasfigurati in DJ, pronti per la console in un club di Berlino.

<<Molti dei suoni rielaborati in questo brano provengono da registrazioni effettuate alla Stazione ferroviaria Centrale di Phnom Penh. Il tema canoro proviene da un vecchio film cambogiano registrato da una TV locale in un ostello dell’isola di Koh Rong. >>

El congreso de los Fantasmas si addentra a pieno nei territori del trip hop, ma rovesciandolo: la musica etnica è dominante, e si riversa nelle strutture e nelle forme del trip hop, replicandolo senza esserlo. L’atmosfera evanescente, I suoni vibranti e le voci distorte ricalcano il tema del titolo. Unica pecca, il durare forse troppo per quella che è la natura del brano.

<< Per questo brano ho utilizzato quattro diverse chitarre campionate in Colombia tra piazze, ostelli e TV d’altri tempi. Le voci sono state registrate a Bogotà, al Monasterio Santa Maria de la Epifania. >>

Blade Runner Zero, invece, è un beat secco e spartano, quasi techno, che cresce ed evolve in una ritmica sempre più complessa, sfumature che ricordano proprio le atmosfere da neotribalismo di opere cyberpunk come Blade Runner o Ghost in the Shell. Di nuovo, la durata forse tende a diluire eccessivamente le idee originali del pezzo.

<<Le voci e le percussioni sono state registrate durante le aste di cammelli da gruppi di musicisti provenienti dai deserti del Rajasthan e dal vicino Afghanistan. L’outro di Blade Runner Zero fu registrata durante l’ultima sera di Kartik Mela sul Ghat del Lago di Pushkar. >>

Black ‘n’ Red è uno dei pezzi più “world music” del disco, l’elettronica è qui davvero solo un supporto e un ricordo: a trainare, i campionamenti. Eppure, proprio questa scelta presta il fianco a critiche: la componente elettronica e quella etnica sono poco amalgamate, quasi alternandosi, il che dopo l’ottimo attacco fa un pò perdere il pezzo. Buon pezzo a fine serata per un djset, forse meno come brano a sè stante.

<< In questo brano i cori appartengono a registrazioni nella chiesa Evangelica del Nazareno. Il titolo del canto a cappella è “Sunn Wadagarati” che in lingua Arawak significa “Grazie al mare che ci ha donato una nuova vita”. Le percussioni sono state registrate durante le parate del “Dia Nacional de pueblo Garifuna”. >>

El Reino del Condor è IL pezzo chillout di Rotte Interrotte, che abbandona ogni pretesa di ballabilità in cambio di un beat che sostiene soltanto samples delicati, dal sapore misticheggiante. Il pezzo non rimane impresso, ma lascia comunque una buona non-impressione; la cura è evidente, ma manca qualcosa di trainante.

<< I cori appartengono al coro femminile delle Suore del Monasterio di Santa Catalina di Arequipa. I flauti sono stati registrati dai terrazzamenti del Canyon del Colca durante un rito religioso di adorazione del Re del Sole “Inti”. >>

Bamboo Burma Street, la chiusura, per quanto non il pezzo che reputo migliore è forse il mio preferito. L’apertura, fra glissati e monologhi preregistrati, transiziona in maniera deliziosa in una prima parte molto synth/dark-wave che mi ricorda tantissimo certi Depeche Mode. In un gioco di richiami e alternarsi di temi sonori, il pezzo introduce un meraviglioso sample di canto corale, che da elemento di margine diventa man mano dominante. L’atmosfera si trasforma, si illumina, e improvvisamente sembra di trovarsi in un B-side di Kate Bush, qualcosa registrato in un viaggio nel Sud-Est Asiatico e messo da parte due deceni fa. Ed è un assoluto complimento.


Le parole spese spero rendano giustizia a ciò che questo pezzo evoca.

<< Il canto e le percussioni di legno di bamboo furono registrate nel 2019 sulla 38esima strada di Yangon. Le voci appartengono a tre fratellini. I cori contenuti nell’outro appartengono a una protesta pro-democratica dei pescatori sul lago Inle del 2021. >>


 

E siamo alla fine. Zoffoli, decidendo di raccontare i suoi viaggi attraverso il mondo, dà voce primariamente alle storie degli “altri”, i popoli che silenziosi rivivono nei campionamenti: e da storia personale diventa storia corale, e da esperimento elettronico diventa rielaborazione di world music. Recensii qualche mese fa un altro disco “corale” (link), ma a differenza del lavoro di Davide Ambrogio, qui l’autore è esterno a ciò che racconta: ne è spettatore, non parte integrante. Ma proprio per questo, è il narrato che prende potere e racconta sè stesso, lasciando l’artista nel ruolo di cerimoniere, specialista tecnico della rievocazione.


E se da tre le storie narrate oggi diventano decine, una per ogni voce in ogni pezzo, in quella di Cemento Atlantico possiamo proprio per questo parlare solo della musica. E lì l'abilità di Zoffoli è innegabile: DJ da una vita, capisce cosa è necessario ad un pezzo per trascinare. Tuttavia, alcuni piccoli difetti sono ravvisabili, principalmente in quanto a disomogeneità delle varie componenti di alcuni pezzi, sia sulla durata di alcuni brani che ne diluiscono l'impatto.


Va detto, il mio giudizio è stato dato ascoltandolo comodo, seduto o sdraiato: sono sicuro che nel loro ambiente naturale, che è la pista, questi pezzi darebbero un'altra impressione. E spero sinceramente di poter ballare ad una serata del signor ToffoloMuzik (suo nome di battaglia): ma giudicandolo così, ci si chiede effettivamente se il focus dell'autore fosse quello espressivo/narrativo, o la pura ballabilità della musica. In entrambi i casi, quello che vedo in Rotte Interrotte è un ottimo disco, esperimento fra elettronica e world music, ma con margini di miglioramento.

Come Temto ci auguriamo comunque di poter sentire presto nuovi brani del signor Zoffoli, e di ribeccarlo qui sulla nostra webzine. E a voi, ci sentiamo di consigliarlo se siete particolarmente interessati al field recording, o avete un debole per i balli etnici: in tutti gli altri casi, l'ascolto potrebbe risultarvi un pò forzato.

 

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Artwork di Giacomo Capolupo  
 

 

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