L’AVVENTO DELLO STONER SPETTRALE: “CHI SALVERÀ HERMES?” DE I CONFINI.



di Saverio Marasco


La primordialità dell’essere umano.
Come si può quantificare? E soprattutto: in cosa si può trasdurre? Domande inconsce alle quali solo un po’ di lontananza dal mondo esterno possono rispondere.
La giusta colonna sonora per porsele, l’io ho trovata nel suono cupo e profondo, forte e compatto.

Il suono delineato da uno spiccato gusto per un sound che - per fortuna -sembra vivo nelle sue riflessioni moderne: la nuova ondata di musica elettronica che sconvolse gli anni 90’. L’industrial dei NIN, la new vawe milanese che travolse tutto la scena alternativa nostrana. Tutti riferimenti che, seppur apparentemente diversi tra loro, accompagnano un determinato modo di usufruire della musica. A volte alla ricerca di profondità, sì, ma che non demorda in cattiveria.

Profondità e cupezza, profondità ed aggressività, profondità e sconvolgimento.
Concetti semplici, che rappresentano utilizzi ed applicazioni di quell’energia primordiale intrinseca nell’umanità.

Il duo milanese Confini esordisce per Costello’s/Artist First con “Chi Salverà Hermes?”, trovando in me il momento esatto di bramosia per dischi del genere.
EP di 5 tracce uscito proprio ieri – 18 gennaio 2022 – ed anticipato dai due singoli “Anima Cruda” ed “Affinità Elettive”, è il frutto del lavoro di Leonardo Falasco (voce, chitarra e synth) e Daniele Capuzzi (batteria) e rappresenta il lancio esplosivo di una band di cui mi colpisce, mortalmente, il presentarsi come “stoner spettrale”.

Club interrati e luci monocromatiche per ogni canzone di quest’EP registrato e prodotto direttamente da Leonardo Fasco al Ma_aB Studio, in quello che, differentemente da come può apparire, non si presenta come un concept epico, ma come un’esaltazione all’individualità, brano per brano.
Ogni traccia si tinge di un motivo suo, con l’unico filo conduttore della profondità del sound del duo.


Dei due singoli, “Affinità Elettive” (con video di Michelle Pan) è quella che sicuramente mi ha più colpito: sonorità apocalittiche che, nei loro momenti più cupi, riescono ad avere la stoffa per farci pensare a quelle di cari ascolti simili a Puscifer et similia.

Rimasugli di punk, di garage, di band: succede in “Hermes” – fondamentalmente la title track – dove l’elettronica si tinge delle tinche fosche dello stoner più moderno; quest’ultimo, evolvendosi, si fa apprezzare ancora di più in “Sibilla”, traccia numero 4 di “Chi salverà Hermes?”. Come se qualcuno avesse magicamente mescolato Subsonica e Royal Blood, mantenendo al contempo un gusto personale e sicuramente nazionale, una manna dal cielo per chi vuole costantemente l’invigorirsi della scena alternativa altra, altra rispetto al solito.
I synth avvolgono “Sibilla” con cura, ricamandone la macabra eleganza. Di certo uno dei miei pezzi preferiti dell’EP, che anticipa il suo chiudersi con follia.
Follia inconscia e primordiale, fatta di caverne e locali interrati, umidi ed ombrosi: “L’attacco delle Pleiadi” si erge ad essere la spirale che trattiene l’ascoltatore tra le spire dei suoi bassi. Alla fine il duo, proprio con questo pezzo, ha – a parer mio – trovato la giusta linea che mi augurerei di ascoltare in futuro.

Nel mentre non posso che ringraziarli per aver fatto parte di questo momento della mia vita sonora, un momento che certo mi è mancato e del quale sicuramente dovrei riappropriarmi, quanto meno per goderne a pieno le ombre, perfettamente stemperate dalla sottile lingua di fiamma dei riff distorti, dei bassi poderosi, dei ritmi primordiali che quest’EP mi ha fatto apprezzare.



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Artwork di Giacomo Capolupo




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