ESORCIZZARE I MALESSERI POST-DELUSIONE AMOROSA: FONDAMENTA DI DURAME
di Nat Vescio
“E così mi sono deciso.
Niente sala prove, niente budget per le registrazioni.
Le mura, gli scatoloni, quello che è stato, quello che è,
con un Nuendo 5 crashato, i miei strumenti
e il buon Tascam ambientale.
Durame non può più stare zitto.”
Siete mai stati lasciati? Ovviamente la risposta è, nella stragrande maggioranza dei casi, affermativa. E com'è stato per voi quest'abbandono? Sofferto così tanto da trascinarvi ancora oggi qualche brandello di tormento?
Più la storia è stata intensa più combattuti siamo nel dare l'addio definitivo (ammesso che sia possibile dimenticare qualcosa di così grande) e così sublimiamo queste grandi quantità di energia in altre attività e, i più creativi, ne sanno qualcosa.
È il caso di Antonio Iannone, alias Grammo di Soma e, ora, Durame, che da una significativa delusione amorosa è riuscito ad esorcizzare il suo malessere sfornando un album registrato tra il 2020 e il 2021 in un appartamento a Poggioreale definito "la versione partenopea di Fight Club, disastrato e zeppo di scatoloni ma senza adepti con la fotta di menare e farsi menare”.
Come
diceva Petrarca nel “De Vita Solitaria” , la
solitudine è la condizione ineluttabile per l'erudizione
dell'individuo ed è l'unica via percorribile per l'incremento
culturale e spirituale:
l'uomo dona nuova linfa alla propria dimensione e Durame (la porzione centrale non più vitale del legno) arriva alla presa di coscienza di una nuova dimensione esistenziale da affrontare.
"Fondamenta",
uscito il 26 novembre 2021 per Ribéss Records con
distribuzione Audioglobe e mixato da Paolo Messere
nello studio della Seahorse Recordings, le cui immagini
dell'artwork sono tratte da tecniche miste dell'artista visivo Mauro
Benzi mentre il layout è a cura di Patrizia Casadei. è
un racconto di abbandono e perdita, costruito intorno a istantanee,
dove si rincorrono, in ordine sparso, tanto la rabbia e lo sconforto
dei primi segnali di crisi quanto la malinconia dei ricordi lieti che
riaffiorano a complicare le cose.
Ci
si butta a capofitto dentro il dolore vivo del disfacimento della
storia d'amore fin dalla prima traccia “Armadio”,
l'ingresso, per noi ascoltatori, dentro quello che è un incubo
claustrofobico reso più intenso dai ricordi che circondano il nostro
artista come “...la macchia sulle lenzuola blu che provammo
insieme a tirar via”.
Il collegamento di oggetti materiali a ricordi sarà una costante dell'album: “...quest'asciugamano bianco-azzurro ti ha fasciato i seni, contrastando il tuo viso” in “Asciugamano” o “In quel cinema vuoto, da soli, aspettando il film, avevo tutto” in “Cinema”.
C'è una verità di fondo, una genuinità di ispirazione anche dietro il più scontato dei clichè che si raccontano, buche di percorso in cui cadono quasi tutti e, quasi tutti, allo stesso modo.
Quello che si preannunciava come un “vomitare tutto lo schifo” si trasforma, a poco a poco, in un viaggio lungo la memoria dei loro momenti.
Assenza di melodie, droni e synth sgranati, sample ambientali in mezzo a tessiture rumoristiche: l'interezza dell'album è un muro freddo che rimbalza echi di oggetti preziosi un tempo ai due, senza mai scalfirli abbastanza quanto la loro solo presenza riesca a scalfire e incidere il nostro Durame che, senza mai abbassare lo sguardo o nascondere la testa, si crogiola in un senso di artificioso isolamento affettivo afflitto da un'alienazione pressochè senza limiti.
Lavoro granitico, laddove sono le parti strumentali ad esprimere il disagio che sta alla base dell'opera, senza calore al suo interno. I suoi battiti suggeriscono un'immane desolazione e nel cuore si annida un accumulo di ombre atte a fondersi all'unisono.
Troppo facile parlare di “depressi” quando questa depressione altro non è che il segno dei tempi che instillano sfiducia e dispensano umiliazioni difficili da reggere.
Tanto di cappello, quindi, a Durame che malgrado il tema difficile riesce, sfogandosi, a creare quel climax giusto tra inquietudine e abbattimento fisico e mentale.
Ma la prossima volta vogliamo vedere più colori.
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Artwork Giacomo Capolupo
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