ANCHE PER FARE POP SERVE CORAGGIO: “INCONTRI RAVVICINATI” DE LA CHANCE SU MARTE


di Silvestro Perri


La musica è bella perché è varia. Qui su Temtö abbiamo ospitato tra le nostre setole artisti di ogni tipo, con sound diversi tra di loro e attitudini speculari nei confronti dell’arte. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di fornire al nostro pubblico stimoli più vari possibili, senza sottrarci mai dal recensire artisti che affrontano genere musicali più astrusi. Questa settimana facciamo un passo indietro, ammirando il passo avanti de La Chance Su Marte.


Non è la prima volta che trattiamo questa band, l’abbiamo già intervistata mesi fa riguardo il loro primo album “Come Ci Viene”, del quale abbiamo apprezzato la sperimentazione unita all’indole squisitamente pop. Cosa cambia quindi con questo nuovo lavoro?


Si chiama “Incontri Ravvicinati”, ed è un album che ci ha tenuto impegnati, facendo mettere in contrapposizione il nostro spirito critico e il nostro orecchio. Da una parte, infatti, sembra che La Chance Su Marte abbia deciso di tirare il freno a mano dal lato della sperimentazione e parcheggiarsi nella zona che al giorno d’oggi alcuni definiscono “it-pop”. Dall’altra, non possiamo non riconoscere la riuscita di questa manovra artistica.


Un ascolto approfondito di “Incontri ravvicinati” ci rivela immediatamente alcune delle direzioni che questi ragazzi hanno deciso di prendere. La natura wholesome dei loro testi non è un segreto, i pronomi più utilizzati sono io, noi e tu: si cerca di coinvolgere l’ascoltatore fin dall’inizio, facendolo entrare in un’ottica di collaborazione che in molti potrebbero apprezzare, evitando contestualmente di antagonizzare terze parti con il ben più “cattivo” voi. Ma se buona parte del loro pubblico sarà contento di sentirsi parte dei cori da stadio che popolano i ritornelli di queste canzoni, è anche grazie al fattore nostalgia che riecheggia fortissimo in questo disco. Sono numerosissime infatti le citazioni pop che troviamo disseminate nelle canzoni, come nel titolo di una delle tracce più riuscite, “Frodo e l’Agente Smith”.


Non vogliamo dirvi troppo altro, anche perché non c’è troppo altro da dire: queste canzoni sono di una semplicità disarmante, spiegarle oltre toglierebbe ogni gusto all’ascolto. Ci sono i synth, ci sono le chitarre, ci sono le percussioni, si canta e si balla. Se volete qualcosa di molto tecnico andate a trovarlo altrove, ma se volete spegnere il cervello (e lo diciamo nel senso migliore del termine) e ascoltare musica che suona bene, state ascoltando il disco giusto. Perché anche per fare pop serve coraggio.

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