L’EFFIGE DI UN ANNO NERO, pt.1: “DOES THIS DREAM SLOW DOWN, UNTIL IT STOPS?” DEGLI WOJTEK

 

 

di Davide Caligiuri

Wojtek: nome proprio polacco. In particolare, nome di un orso bruno, adottato, allevato e arruolato da soldati polacchi durante la Seconda Guerra Mondiale.

Diminuitivo di Wojciech, nome polacco la cui etimologia traccia il significato in “colui a cui piace la guerra “, o “guerriero sorridente”.

Un nome che evoca contemporaneamente forte desiderio di conflitto, un certo grado di ironia e un’intensità primitiva, animalesca. E in parte il loro nuovo EP, Does This Dream Slow Down, Until It Stops?, tiene fede a questa simbologia: rabbia, frustrazione e disillusione dirigono l’orchestra, emozioni scaturite in un periodo durissimo per tutti, ma che i ragazzi padovani riescono ad esprimere in forma di 20 minuti di incessanti martellate. Scrivere come forma di esorcismo, ma senza assoluzione: non c’è rivalsa, non c’è aspettativa di cambiamento o di trasformazione. La vita è questo monolite, questa effige antica e maledetta, e non si può fare nulla se non riconoscerne l’imponenza e il potere che ha su ognuno di noi.

Attivi da pochi anni ma bazzicanti nella scena musicale locale da anni, i Wojtek sono autori di un intenso sludge metal che mi ricorda tanto la “prima wave” del genere, più legata all’hardcore punk, quanto gli eponimi del death/doom degli anni ‘90, dai Candlemass ai Paradise Lost. Una formula che riesce a rendersi riconoscibile in un genere che lascia pochi gradi di libertà nel variare o personalizzare il proprio sound, e che al contempo non necessita di complicazioni inutili o artifici vari per risultare interessante.

Dopo due EP ben ricevuti e apprezzati, all’inizio di quest’anno escono col loro ultimo lavoro, uscito per Shove Records, Teschio Dischi, Fresh Outbreak Records, Ripcord Records, e Violence In The Veins. Andiamo ad analizzarlo.

Catacomb apre le danze con riff e ritmiche intense, cariche, e passaggi che ricordano il riffwork di Gregor Mackintosh: melodie brevi e cariche di pathos, che spezzano solo apparentemente l’incessante martellare e invece servono a dare ancora più peso alle successive scariche. Già tematicamente inizia a tracciare quello che è il messaggio del gruppo: la vita di ogni giorno come una catacomba che ci intrappola, nessuna uscita, nessuna salvezza.

Desensitized continua il gioco, partendo con giri serrati e un cantato rabbioso, un’aggressione all’ascoltatore: in questo pezzo anche il bridge non è altro se non un’occasione per straniare e colpire più violentemente ancora le orecchie di chi ascolta, sulla falsariga di tanti artisti difficilmente classificabili, Meshuggah o Neurosis che dir si voglia. Il testo, un’anatema contro ogni cosa.

RednetraB potrebbe esser visto come un’intermezzo, anche se musicalmente potrebbe benissimo risultare in un disco dei Pelican o degli ISIS. Le voci confuse in sottofondo e il crescendo che sfocia nel successivo – distruttivo - pezzo sono eseguite magistralmente.

XX Years scarica tutta la tensione accumulata nel pezzo precedente con riff angolari, una ritmica non eccessivamente veloce ma serrata, oppressiva, una scarica di rabbia e di violenza sull’ascoltatore: il testo non è da meno, un coacervo di rimorsi e cattivi presagi che dal passato sembrano tracciare un desolato, ma risoluto, futuro.

E la risoluzione in qualche misura sembra la cifra stilistica di questo gruppo: una risolutezza non figlia di vuoto ottimismo, di speranze usate come piallativo.

Una risolutezza figlia della consapevolezza di ogni singolo errore, ingiustizia, sofferenza che si è sopportata; della consapevolezza che se le cose sono andate male finora non c’è modo di dire se miglioreranno o peggioreranno; della certezza che, oggi ieri e soprattutto domani, cercare sostegno in qualcosa o qualcuno sarà inutile.

Cosa rimane? La rabbia, la necessità di sfogo, e una lista di cose contro cui scagliarsi.

E di questo è fatto questo EP, che da questi fattori è dominato e definito, e che proprio grazie ad essi (e ad una notevole cazzimma tecinca dei Wojtek) brilla di luce propria. Si farà apprezzare penso da ogni persona interessata allo sludge, e parecchio, ma difficilmente romperà la barriera di chi non riesce a interfacciarsi con questo genere.

<< Does this dream slow down, until it stops? Does it lasts forever? >>

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