IL CORAGGIO DI (NON) ESSERE SUONATI: SCHELETRI – “OSSA ROTTE”

di Davide Caligiuri

 

A volte, specialmente muovendosi fra mille generi e stili musicali, ognuno colla sua classificazione, i suoi “difensori” e le sue complicate regole, si sente davvero un bisogno di “semplicità”: qualcosa che sia fatto senza grandi preconcetti, col solo desiderio di esprimersi e suonare, e non di soddisfare le velleità della critica musicale.

 

Ossa Rotte, EP autoprodotto, uscito ad Aprile e opera prima dei piemontesi Scheletri, è sia nel bene che nel male questo: un EP semplice, senza fronzoli e senza avanzare grandi pretese, hardcore melodico (a volte quasi pop-punk!) suonato con gusto e senza vergogna.


Le strutture delle canzoni son semplici e dirette: rapide e senza pause, con tutta l’urgenza di esprimersi che porta a non fermarsi nemmeno un momento. Il cantato è come ci si aspetta: onesto e portante di testi semplici, sinceri e senza cliché.

Al massimo, si può obiettare come tutte le canzoni sembrano rivolte verso lo stesso tema: quello di sentirsi chiusi, bloccati nello stesso posto (metafora o realtà? A voi deciderlo) con tutte le conseguenze che ne derivano.

 

Fermare il tempo apre l’EP con una stoccata di hardcore d’oltreoceano, per poi tirar fuori tutta l’emotività nel testo: il paragone con i primi Fast Animals and Slow Kids è forse scontato, ma va fatto. Come mai, invece, ha tutte le carte in regola per essere uscita dal periodo d’oro del pop-punk: come già accennato, è il testo (che grazie al cielo non parla di amori adolescenziali) che li distingue e li eleva. Ossa rotte recupera un po' la carica del primo pezzo, senza lasciare il chiaro richiamo al punk (non solo straniero, ma anche nostrano) più melodico. Scappare è l’angolo malinconico di questa piccola costruzione: un senso di rassegnazione e insoddisfazione gronda da ogni angolo di questo pezzo. Fantasmi è, insieme al primo pezzo, quello che più “pesta”, accompagnando un messaggio di nostalgia e accettazione.


 
Nel complesso, questo non è un EP che sconvolgerà, inventerà nuovi generi o dividerà la critica: è una raccolta di pezzi brevi, onesti, fatti da musicisti che sanno il fatto loro e che voglion solo esprimersi senza doversi infilare in nessuna “identità” musicale, nessuno stereotipo che spesso e volentieri gli artisti si trovano ad assecondare per essere riconosciuti come “membri di una scena”, qualsiasi cosa possa voler dire per chi ci crede.

Promossi e promettenti: il tempo ci dirà in che direzione il loro sound, e se questa “onestà artistica” che mi ha colpito verrà mantenuta.


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