La credibilità di una camicia di flanella : “Raven Walz” - Tra gli Appalachi e la Sila con Al The Coordinator




di Saverio Marasco 


Raven Waltz” (2019) è il secondo ballo per Al The Coordinator, al secolo Aldo D’Orrico, dopo averci guardato dritto negli occhi con “Join The Coordinator” quattro anni fa.  



Inizia con il campo lungo nell’atmosfera sfocata - grottesca sì - ma atavica di “Jumping Red Spiders”. Questo contorno (e per capirlo a pieno vi conviene gustare il video - per la regia di Mauro Nigro - uscito in anteprima su Rumore) tesse la trama, un attimo dopo la fine del crepuscolo. Dove? Nella breve oscurità della notte di candela ad olio, per il forte intreccio ritmico, puro, in cui la voce del Coordinatore si frantuma e si ricompone di continuo. Sarà una costante del disco. Oh Al, where art thou?  
Un richiamo per chi vuole ascoltare, caparbio. Così come altrettanto caparbio, ma senza peso per chi forse, ha in fondo, solo il bisogno e la consapevolezza di intraprenderlo, sarà il percorso intensissimo nella quarta traccia, “(I always wanted to) Stay at Home”. 

 
Ma si può già, in “The Walker”, canzone numero due del ballo gracchiante del corvo, parlare con uno storytelling fortemente intelligibile all’ascoltatore. Forse in chiave più pop, ma nell’ottica di parentela con il concetto stesso di folk, di popolare, di persone: insomma, se nel primo album avete ascoltato un pezzo come “The Mist” sapete di cosa sto parlando. Di come Al sappia parlare anche ad un pubblico più ampio degli appassionati di Roots’Music, ma in maniera sempre fedele a sé stesso, agli ascolti che lo contraddistinguono. Sapete che lo fa perché vuole farlo. Esattamente come toh’, una cover dei Beach Boys. Attitudine Punk in fondo, forse il rimasuglio dei Miss Fräulein. 

 
Aldo, accompagnato dai fidati Muleskinner Boys - Giuseppe Romagno al dobro, Alessio Iorio al contrabbasso, Mario D’Orrico al mandolino - fa un po’ quello che vuole all’interno dei canoni bluegrass, padroneggiati alla perfezione, in una fine ed autentica ricerca sonora complice, il Kala Studio” di Cerisano (CS), in un costante clima di spazi aperti e stanze di legno. Tacchi sul pavimento e fumo caldo. Come la sua Martin. Come le Smoky Mountains. Perché una camicia di flanella resta una camicia di flanella. Che sia sugli Appalachi o nei ricordi chiaroscuri delle strade della Sila, in quei viaggi familiari dell’infanzia che, come noi ricordiamo ogni volta che percorriamo quelle strade, ci vengono in mente grazie alla voce roca (solo quando serve fioca) che immediatamente riporta lì, in questa “Little Wonder”: gli anni che pesantemente passano nella luce dei grandi abeti. Le possiamo riconoscere subito queste cose, noi. 

Ed infatti questo disco, questa intima meraviglia condivisa, pubblicato per quella << Piccola bottega artigiana di incisioni fonografiche >> che è La Lumaca Dischi, ricalca la riconoscibilità di un concetto di album di chi questo genere lo vive, lo sa fare a pieno ( Signori, nell’album precedente c’era la migliore e più educata versione di “Girl from the North Country” dopo quella di Dylan. ) e di chi sa perfettamente il momento in cui l’ascoltatore ha bisogno di capire il suo racconto, di vedere la storia, di correre sulle corde di un banjo o di essere rassicurati dalle giuste note di pianoforte.  

Ma anche di restare col fiato sospeso (espediente dinamico usato ad hoc negli arrangiamenti) così come di un paio di pezzi di passaggio, di transizione. Come “Smile Today”, che ci prepara alla conclusione del disco, proprio alla title trackRaven Waltz” 
Ovviamente l’ultima. Ci ha preparato a questo: ci siamo svegliati nella notte. Incamminati. Meravigliati. Interrogati. Divertiti. Ce ne siamo compiaciuti. Svegliati e messi in tiro, dopo la fredda mattinata di “Mornings”, per l’ultimo valzer di questa giornata. 
 





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Per conoscerlo meglio ➡️ Al The Coordinator | La Lumaca Dischi | Spaghetti Sunday

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